Una malattia grave, difficile da diagnosticare, e che troppo spesso viene scoperta in ritardo, con effetti gravi sui pazienti.
L'endocardite è stata al centro, a Napoli, del decimo Simposio internazionale dedicato al tema 'Concepts in Endiocardits and Cardiovascular Infections'', che si è tenuto fino al 28 aprile, presso l'Hotel Royal Continental. Il congresso biennale dell'ISCVID (Internazionale Society of Cardiovascular Infections Desease) ha visto la partecipazione di 363 esperti internazionali, che si sono confrontati sull'infezione che colpisce le valvole cardiache. Il simposio, che tra due anni si terrà in Australia, è stato organizzato da Riccardo Utili, direttore del Centro Medicina infettivologica e dei Trapianti del Monaldi, e da Maurizio Cotrufo, direttore dell'Unità di Cardiochirurgia del Monaldi. ''Purtroppo spesso si arriva tardi alla diagnosi della malattia, con gravi conseguenze per i pazienti che nel 50% dei casi arrivano addirittura ad essere sottoposti ad un intervento chirurgico'', ha spiegato Utili. Nonostante i progressi nella diagnosi e le strategie medico-chirurgiche, la mortalità,d ei pazienti affetti da questa rimane infatti ancora elevata. L'esordio della malattia può manifestarsi con febbri intermittenti spesso curate con antibiotici, a volte con febbri forti. ''Spesso si tratta di microrganismi molto resistenti agli antibiotici - ha continuato Utili - e purtroppo va detto che la ricerca e l'industria farmaceutica non ci vengono incontro nella cura dell'endocardite infettiva.
Rimosse 5 combinazioni e aggiunte 4 nuove combinazioni di patogeni resistenti agli antibiotici
Lo rivela lo studio, pubblicato su Cardiovascular Research, condotto dai ricercatori dell'Irccs San Raffaele di Roma con l'Università di Roma La Sapienza e l'Università di Napoli Federico II
La preoccupazione dei ricercatori riguarda soprattutto la quantità e tempestività della raccolta dei dati da parte delle autorità e la trasparenza con cui vengono diffusi ai cittadini e alla comunità scientifica
Ricoverato in terapia intensiva. Azienda 'non c'è allarme'
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